Il testo indaga i processi di trasformazione dei territori marginali italiani, con particolare riferimento al Mezzogiorno e al caso del Salento, interpretandoli come luoghi di una differente modernità. A partire dal secondo dopoguerra, le politiche di intervento straordinario – dalla Cassa per il Mezzogiorno ai programmi europei – hanno rappresentato un vasto laboratorio di sperimentazione per teorie e pratiche di sviluppo territoriale. Tuttavia, tali politiche hanno spesso prodotto effetti disomogenei, generando nuove forme di marginalità all’interno della marginalità. L’autore propone di superare la dicotomia centro-periferia per leggere questi territori come spazi di innovazione, capaci di riconvertire il ritardo in risorsa. Il Salento diviene paradigma di questa trasformazione: da area agricola depressa a laboratorio di economie leggere, turismo sostenibile e valorizzazione dei beni comuni. Attraverso l’analisi di politiche, strumenti e microstorie locali, il volume mostra come i processi di sviluppo non lineare producano nuove figure territoriali, esito di intrecci tra tradizione e contemporaneità. Ne emerge un paesaggio complesso, dove l’incompiutezza e la diversità diventano valori generatori di progetto, e in cui il Mezzogiorno si rivela come chiave interpretativa per ripensare il futuro dello sviluppo nazionale ed europeo.