La promessa della vita americana è un libro che analizza, talvolta in modo dissacrante, quello che Herbert Croly chiama «stato d’animo di inettitudine e di conformismo intellettuale […] [con cui] il popolo americano […] si è consegnato a una interpretazione completamente falsa del proprio notevole trionfo». Egli qui spiega la strategia della battaglia da lui intrapresa per abbattere la retorica che circondava al suo tempo l’idea stessa dell’America come “Terra promessa”: «Quando la “Promessa della vita americana” sarà concepita come un ideale nazionale, la cui realizzazione è una questione di lavoro abile e di lunga lena, il suo effetto sarà sostanzialmente quello di identificare lo scopo nazionale con il problema sociale». Questa idea della “Promessa americana” come qualcosa di più di una mera ricerca del potere e del successo individuale, realizzabile solo nella logica di un processo di organizzazione nazionale efficiente, ha a lungo animato negli Stati Uniti il rapporto molto stretto tra progressismo e spirito nazionale fino ad almeno la metà degli anni ’60, gli anni della “Nuova frontiera” e della “Grande società”.